SCIENZA&SPORT

Nuova rubrica Scienza&Sport

Vincenzo Triunfo

Inauguriamo questa nuova rubrica con un interessante articolo dell’ing. Vincenzo Triunfo sulle prestazioni degli atleti nella maratona

SCIENZA&SPORT

Breaking 2h
Rompere il muro delle 2 ore nella maratona

Dopo il tentativo fallito di un anno e mezzo fa e per la precisione di Sabato 6 Maggio alle ore 5.30 am, sul circuito di Monza, in cui 3 super maratoneti hanno tentato di infrangere il muro delle 2 ore per concludere una maratona (42,195 km), ieri si è ripresentato il dilemma del muro delle 2 ore da battere dopo la maratona di Berlino.
Edizione nella quale il keniota Kiphcoge ha frantumato il vecchio record del mondo abbassandolo a 2:01:39. L’impresa titanica si è conclusa dopo il record non omologato che lo stesso Kipchoge aveva stabilito a Monza 2h:00’:25”. L’attuale record man e campione olimpico di Rio 2016, con Il tempo eccezionale del nuovo record del mondo, ha riaperto la partita del “Breaking 2 hours” e la domanda del: se il limite delle 2 ore, considerato un obiettivo quasi disumano, è attualmente alla portata degli atleti moderni e della tecnologia?

Maratona
Eliud Kipchoge
Eliud Kipchoge
Tempi
Running_Speed
Tavola 2

Nike_ScarpaRicordiamo che la Nike ha messo a disposizione -anche per le scarpe create ad hoc per l’evento di Monza dell’anno scorso.
Ma in realtà la ricerca scientifica dimostra che per l’uomo i limiti sembrerebbero non esserci mai e che, ad ogni record battuto, ci avviciniamo in maniera asintotica a questo ipotetico limite.
Inoltre la storia ci insegna che anno dopo anno riusciamo a battere record che sembravano imbattibili e irraggiungibili.
Sul limite delle 2 ore nella maratona, già negli anni ’90, si sono espressi molti ricercatori, in particolare, uno di essi, il Prof Michael Joyner, dell’Università del Minnesota, nel 1991 pubblicò un documento in cui esaminava i concetti fondamentali riguardanti i fattori “limitanti” nelle prestazioni di resistenza, modellando i tempi di una maratona sulla base di diverse variabili: l’andamento dei record nella storia, le combinazioni di valori precedentemente riportati di assorbimento massimo consumo di ossigeno (VO2max), la soglia di lattato e l’efficienza del gesto atletico nell’analisi del consumo energetico durante il percorso da parte dei maratoneti d’elite.

Il concetto espresso da Joyner è che il VO2max imposta il limite superiore per il metabolismo aerobico e ci da la potenza massima che potremmo utilizzare teoricamente, mentre la soglia del lattato nel sangue, con cui è possibile attuare una prestazione di durata pari a 120 minuti, è correlata alla frazione di VO2max che può essere sostenuta in eventi sportivi di distanza maggiori di circa 3.000 m, soglia oltre la quale l’atleta produrrebbe troppo lattato costringendolo a fermarsi o rallentare.
L’economia del gesto è infine un elemento fondamentale per interagire con le altre due variabili – la soglia di lattato e di VO2max- per determinare la velocità effettiva alla quale l’atleta potrà eseguire la sua prestazione, che è generalmente una velocità simile a (o leggermente più bassa) alla soglia del lattato sostenibile.
Una varietà di combinazioni di queste variabili rilevate nei test sui corridori di élite ha determinato tempi di esecuzione stimati molto più veloci rispetto al record mondiale dell’epoca (2:06:50), e addirittura, Joyner predisse che Il tempo più veloce per la maratona da questo modello da lui impostato poteva essere 1:57:48. Tempo realizzabile da un soggetto ideale con una VO2max di 84 ml.kg-1.min-1 -valore eccezionalmente elevato-, una soglia di lattato dell’85% del VO2max e un’eccezionale economia di funzionamento di tutta la macchina atleta.

Questa analisi suggerisce che i miglioramenti sostanziali delle prestazioni nella maratona sono “fisiologicamente” possibili e che sicuramente c’è molto da fare per migliorare quello che forse è il limite più importante, ovvero l’efficienza di esecuzione o il costo energetico del gesto atletico.
In un altro studio, più attuale, si è valutato cosa è il costo energetico dell’atleta.
L’analogia più frequentemente utilizzata, per spiegare l’economia del gesto atletico, è quella relativa ai consumi di un’automobile – ovvero una misura di quanto carburante occorre per coprire una certa distanza. In realtà l’analogia dovrebbe considerare che il nostro corpo è più simile ad un motore ibrido che utilizza più tipologie di carburanti.

Di quale “combustibile” stiamo parlando nel caso specifico per un’atleta?

Questa è la domanda esplorata in un nuovo articolo da ricercatori dell’Istituto Inglese di Sport della Loughborough University, pubblicato su Medicine & Science in Sports & Exercise.

Esistono due opzioni fondamentali per esprimere l’economia nell’esecuzione dell’esercizio fisico.

Possiamo considerare sia “Quanto ossigeno bisogna fornire ai muscoli per eseguire un km?” Oppure ci si può chiedere: “Di quante calorie bisogno disporre per eseguire un km?” In teoria, la risposta alle due domande dovrebbe essere intercambiabile, perché l’ossigeno che i muscoli consumano è usato nella reazione che trasforma le calorie dei processi energetici metabolici.

Speed_RelativeMa in pratica, questo potrebbe non essere corretto. Lo studio di cui parliamo utilizza i dati di 172 corridori di élite testati all’EIS nel corso dell’ultimo decennio, con economia del gesto (o costo energetico) misurata a quattro velocità diverse al di sotto della soglia del lattato. Dallo studio si evince che, il numero di calorie bruciate per chilometro aumenta costantemente: più velocemente si esegue il test e più calorie si bruciano per coprire una determinata distanza. Mentre il costo dell’ossigeno per chilometro rimane pressoché uguale a tutte le velocità.

Perché esiste questa differenza? Lo studio affronta anche il concetto di “rapporto respiratorio”, che riflette il rapporto tra carboidrati e grassi bruciati per produrre l’energia (ecco perché il nostro motore è un ibrido in termini di combustibile).
Ed è evidente che mentre si velocizza l’andatura, si brucia una maggiore percentuale di carboidrati, cosa abbastanza ovvia perché si ottiene più energia per unità di ossigeno da carboidrati rispetto al grasso, questo spiega perché velocità superiori sono in grado di bruciare più calorie senza utilizzare più ossigeno.

Qual è l’aspetto pratico di tutto ciò? Molto semplice: e quello che, per avere più energia devo cambiare combustibile, ma il combustibile carboidrati non aumenta solo la potenza e quindi la velocità, infatti se lo stesso utilizzo di combustibile viene incrementato troppo si innalza anche la produzione di acido lattico in maniera troppo elevata e tale meccanismo genera fatica e dolore e inoltre esiste un limite anche di riserve di carboidrati (glicogeno) che è estremamente ridotto rispetto alle riserve energetiche di grasso che un’atleta può avere.

Non da meno sono le caratteristiche fisiche degli atleti che potranno raggiungere questo limite. Sempre Joyner, in un suo studio scrive What Will the 2-h Marathoner Look Like?
Joyner ci dice che 42 delle 50 maratone più veloci sono state vinte da Keniani o Etiopi, l’altezza media e Il peso dei 30 corridori (29 africani) che hanno corso i 10.000 m al di sotto dei 27 minuti è 170/ ± 6 cm e 56 ± 5 kg, con solo uno corridore superiore a 178 cm o 70 kg. Inoltre, la maggior parte di questi atleti hanno vissuto ad alta quota e hanno iniziato l’attività fisica molto presto nella vita.
In definitiva l’atleta che riuscirà a battere il muro delle 2 ore dovrà essere un mix perfetto delle variabili che Joyner inserì nella sua formula e, a quanto pare, per ora, in nessuno degli atleti esistenti questo mix ha consentito di battere il muro.

Un’impresa titanica, quasi impossibile ma che molto probabilmente entro il 2025 vedremo realizzare.

Vincenzo Triunfo

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