Convegno organizzato dal Circolo Nautico Posillipo
Ne hanno parlato, martedì, nel Salone dei Trofei del Circolo Daniela Di Maggio, presidente dell’associazione culturale Giogiò Vive, il magistrato Aldo De Chiara e il giornalista Giuseppe Crimaldi; coordinatore e organizzatore del convegno il delegato del Circolo alle attività culturali, Antonio Cortese.
Nel suo indirizzo di saluto il vice presidente del Circolo, Filippo Smaldone ha ringraziato i relatori intervenuti, affermando che questo incontro rispetto ai tre precedenti è di grande attualità e più importante, perché il Posillipo è sinonimo non solo di sport ma anche di impegno nel sociale, volto a consentire l’accesso allo sport anche a quei giovani meno fortunati di famiglie meno abbienti, sottraendoli alla strada e a comportamenti devianti i cui tragici effetti purtroppo sono nelle cronache di questi giorni.
Gli ha fatto eco Cortese che, prima di aprire la serie di interventi, ha ricordato che il Circolo ha tra i suoi scopi quello di infondere la cultura dello sport nelle giovani generazioni, quindi a beneficio dell’intera società e del suo futuro, e che l’argomento di questo convegno è centrale per tutti e diventa particolarmente pressante alla luce dei fenomeni che stanno accadendo, che quotidianamente stanno colpendo in modo diretto le nostre famiglie e la nostra comunità e che vanno analizzati, inquadrati e contrastati.
Daniela Di Maggio ha ricostruito la tragica vicenda di Giovanbattista Cutolo, Giogiò, musicista barbaramente ucciso da un minorenne perché proteggeva un ragazzo bullizzato, medaglia d’oro al valor civile, che ha insegnato a tutti che la gentilezza vince sulla prepotenza e sulla prevaricazione, che il coraggio ti premia, ti rende migliore. La soluzione è far diventare virale la gentilezza – è il suo messaggio – perché questa è la bellezza, solo insegnandola ai nostri figli creiamo tante medaglie d’oro e meno ragazzi armati. In ogni caso il sacrificio di Giogiò non è stato vano perché esiste la Legge Giovanbattista Cutolo, varata in un mese e mezzo, che ha eliminato la messa alla prova per tutti i minori che commettono crimini efferati, ed è stato introdotto il “reato di stesa” commesso da baby criminali.
Oltre a perseguire questi reati gravissimi – perché bisogna finire con questo buonismo, dove determinati ambiti sono soggetti beneficiari di impunità – la punizione, ha sottolineato Cortese rivolgendosi a De Chiara, non deve essere interpretata come vendetta ma come prevenzione verso altre potenziali vittime e, quindi, la soluzione di questo problema deve essere una lotta più serrata verso i vertici della malavita organizzata che sono i veri committenti di questi reati.
Nel suo intervento Aldo De Chiara ha precisato che sicuramente il reiterarsi di questi fenomeni criminosi, sempre più frequenti, perpetrati da giovani a danno di altri giovani, che allarmano l’opinione pubblica e le istituzioni, non è una caratteristica solo della nostra città ma del Paese e che la criminalità è un costo che gli Stati democratici devono sopportare. Ha posto anche l’accento sulla famiglia, sotto accusa, e sul tasso di dispersione scolastica, molto elevato nella nostra città. La violazione dell’obbligo di far studiare i figli costituisce mero reato contravvenzionale ma anche lo stesso Decreto Caivano non darà i risultati sperati. Occorre pensare ad altro, relegando la repressione penale in un angolo come estrema ratio e preoccupandoci di prevenire, perché anche una pena severa per l’autore dell’omicidio non ci restituisce Giogiò. Perché allora i servizi sociali – quindi il Comune – non organizzano corsi di formazione per i genitori, perché non si parla della cosiddetta assistenza post penitenziaria di competenza degli enti locali? La scuola, poi, è indubbiamente sul banco degli imputati ma la politica non è da meno. E, infine, è venuto il momento di abrogare la non punibilità del genitore che, al fine di coprire il figlio, compie il delitto di favoreggiamento personale, prevista dal codice penale. Oggi occorre che il dovere di solidarietà sociale venga adempiuto anche dai genitori nei confronti dei figli indagati di reato.
Giuseppe Crimaldi, redattore di cronaca nera e giudiziaria del Mattino, ha portato la sua esperienza in presa diretta, aderente alla realtà, parlando di sconfitta per tutti, essendo venuti meno i tre presupposti fondamentali: la famiglia, la scuola e gli assistenti sociali. Mancano gli assistenti di accompagnamento. Altro problema sono i falsi modelli: videogiochi – ma la vita non è un perenne videogioco – social e certe fiction tv. Quando manca la prevenzione siamo già di fronte ad un fallimento. D’altronde – ha ricordato – la stessa neoprocuratrice per i minori di Napoli, Patrizia Imperato, ha affermato che c’è stato un eccesso di buonismo nella trattazione dei casi. A conti fatti – ha concluso – l’unica strada che è servita a salvare i ragazzi è sicuramente lo sport.
Hanno portato la loro testimonianza di ex atleti gli olimpionici posillipini Sandro Cuomo (“l’impegno delle famiglie, l’amore e il sacrificio sono fondamentali, al pari dei modelli puliti di comportamento”) e Pino Porzio (“le istituzioni in questi anni hanno fallito, lo sport è sicuramente un punto di riferimento fondamentale, un allenatore è soprattutto un educatore e un formatore che insegna ai ragazzi il rispetto delle regole, la funzione delle associazioni sportive è importante ma tutti devono impegnarsi per creare una società migliore”).
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